PIANI DI MONTELAGO – Un’escursione facile con un’attenzione alla flora e alla fauna che incontrerete tra le montagne dell’alta valle del fiume Potenza.
Spesso il mare nelle prime settimane di settembre rimane un ricordo custodito nelle foto dello smartphone, al contrario è proprio questo uno dei periodi ottimali per assaporare la montagna e riprendere il contatto con la natura anche per chi non è un appassionato. Lo faccio proponendovi un’escursione facile, facile caratterizzato da ridotti dislivelli e da molti tratti pianeggianti. Un cammino non troppo impegnativo di circa 7 km.
La meta scelta è quella dei Piani di Monte Lago, sicuramente molti di voi la conosceranno perché negli ultimi anni è tornata nell’agenda setting marchigiana per il famoso festival celtico che fino a qualche anno fa si teneva proprio su questi piani.
L’area si trova in Provincia di Macerata, tra le montagne dell’alta valle del Fiume Potenza ed è quasi interamente compresa nel Comune di Sefro, a circa 900 m di quota. Nei piani, dove sono evidenti fenomeni carsici (doline e inghiottitoi), un tempo era presente un antico bacino palustre bonificato nel XV secolo dai Varano, signori del ducato di Camerino. In virtù della ricca biodiversità che caratterizza il contesto ambientale in cui ci troviamo, gli altipiani sono compresi nella Rete Natura 2000, un sistema di aree istituite per tutelare la biodiversità al livello comunitario.
Il primo tratto del percorso, che inizia dal valico di accesso ai piani (se si viene da Sefro), si affaccia sulla maestosa Valle Scurosa, regno dell’aquila reale (sì, avete letto bene, il re dei predatori alati è presente anche nelle Marche!) poi prosegue immerso tra noccioli, faggi, carpini e aceri.., dove all’inizio della primavera il sottobosco si colora di anemoni, primule ed altre delicate essenze floreali. Lungo la scarpata della carrareccia è possibile osservare diverse specie di felci (polipodio, asplenio, erba ruggine). Come avrete capito la biodiversità è un tratto caratteristico di tutta questa camminata.
Lasciandovi alle spalle il bosco preparate gli occhi e il cuore per l’apertura sul Piano di Sardigliano, prateria di origine secondaria strappata al bosco dalla scure e dall’aratro per fare posto ai pascoli e ai coltivi di montagna. Alcuni versanti sono punteggiati da cespugli di ginepro, che da qualche decennio risultano più abbondanti rispetto al passato e che confermano una lenta ma inesorabile ripresa della vegetazione legnosa. Agli osservatori più attenti – e colti dal punto di vista naturalistico – non sfuggiranno le “vistose” latrine di tasso. Magari non riuscirete a vedere il simpatico mammifero, ma con un poco di attenzione sicuramente non perderete le sue tracce. Anzi, un consiglio: ogni tanto controllate dove calpestate, oltre ai segni lasciati dalle vostre scarpe da trekking potrete trovare anche qualche impronta di volpe, cinghiale o capriolo.
Fate attenzione al percorso, in alcuni tratti, infatti, mancano le tracce del sentiero. Vi consiglio quindi di tenere sempre a portata di mano la cara e vecchia carta escursionistica nel caso non foste dotati di GPS con la “traccia” caricata sul dispositivo. Giunti al piano superiore di Monte Lago, noterete intorno a voi prati falciabili bordati dal bosco. In queste distese potrete ammirare camomille, fiordalisi, alcuni papaveri e qualche croco.
Non proprio Castelluccio, ma insomma, anche qui il prato ha il suo fascino, pensate in primavera. Il vero protagonista di questo tratto del piano è certamente un vecchio cerro che vegeta vicino alla carrareccia sconnessa, proprio nel punto in cui la si abbandona per perdersi nei prati. Questa varietà di quercia è riconoscibile per le cupole delle sue ghiande a forma di “riccio”. Le sorprese non sono finite, proprio di fronte a voi, a metà del piano superiore, vi aspetta un imponente biancospino con un portamento arboreo e di 200 anni di età. Avete capito bene un bicentenario con ancora uno splendido aspetto!
Proseguendo per il sentiero si attraversa un’area interessata da un residuo di torbiera, una sorta di palude/aquitrinio: un habitat rarissimo, si tratta infatti dell’unica stazione a livello regionale (in questo punto un pannello espositivo ne spiega le peculiarità in modo esaustivo).
Il passaggio dal piano superiore a quello inferiore è caratterizzato da un taglio nella roccia realizzato dai Varano, un’opera artificiale che a distanza di secoli resta ancora indelebile. Dovete sapere che nella stagione invernale quando gli inghiottitoi non riesco a defluire le acque di scioglimento della neve, si forma un affascinante lago temporaneo. A primavera invece, nei canali che portano all’inghiottitoio principale, spicca il bianco dei petali del ranucolo acquatico.
Dalla “spaccatura” che divide le due conche si prosegue verso il valico di partenza e mano a mano che si sale, il piano inferiore si renderà visibile alla nostra destra in tutta la sua interezza. Il nostro primo percorso di “quasi” alta quota termina qui.
Eleonora (@EleintheSky16)
Mappa e indicazioni flore- faunistiche di Nicola Felicetti, guida naturalistica dei monti Sibillini.